Salute psicofisica.

E' tutt'uno.

Le competenze di cura che riguardano l’essere umano si sono fatte sempre più settoriali
La visione di insieme che dovrebbe essere sottesa spesso viene sottovalutata

Ci si dimentica che psiche e corpo non hanno ragione di essere considerati separatamente più di quanto lo siano cuore e polmone. Eppure l’apprendimento delle sfere della conoscenza e della cura che riguardano psiche e corpo vengono accuratamente e gelosamente tenute distinte.
Quasi che le reazioni di risposta del corpo fisico al vissuto quotidiano non dipendessero dalla lettura soggettiva degli accadimenti all’interno della propria storia e viceversa le reazioni psichiche all’ambiente non siano condizionate dallo stato fisico del corpo.

Salute psicofisica. E’ un tutt’uno.

Premessa:
come medico la visione di insieme del corpo umano viene velocemente sostituita dalla valutazione specialistica del sistema la cui funzione e la cui anatomia sono compromesse

Si parla di salute psicofisica.
Ma in realtà si delega la cura di questa salute a saperi sempre più specializzati e settorialità

La dicotomia comincia già da lontano nel tempo, ma è perpetuata anche nella formazione di chi poi si occupa di questioni di salute

E ognuno è orgoglioso del proprio punto di vista, è quello che conosce meglio, è quello che gli permette una interpretazione soddisfacente della maggior parte dei problemi
Punto di vista da cui parte per cercare soluzioni, ma non sempre si trovano interpretazioni e soluzioni adeguate,e allora si cerca di catalogare, dare innanzitutto un nome, per cercare dentro le distinzioni un nesso di causa.

Quante classificazioni conosciamo? Da quelle per la cefalea o la fibromialgia al DSM (… a che …a che numero siamo arrivati? 5?)

Oppure si trovano risposte terapeutiche che mantengono un equilibrio accettabile nella cronicità, ma in realtà non danno vere risposte.
Gastriti, ipertensioni, stati d’ansia, disturbi ossessivo-compulsivi…

Ovvio che le patologie gravi abbisognano di altrettanto forti risposte terapeutiche
Ovvio che bisogna intervenire con quello che abbiamo a disposizione per curare e prevenire.

Ma anche le patologie gravi hanno una storia, con un suo incipit.
E prevenzione e diagnosi precoce non sono sinonimi.

Con questo non nego, anzi, è meraviglioso quanto si sono evoluti mezzi e saperi in ogni campo, e a velocità esponenziale.
Non si riesce alle volte a stare dietro ad ogni scoperta e progresso, fino al punto che riusciamo a simulare artificialmente molte funzioni umane e a sostituire sempre più efficacemente quelle parti di noi che si guastano
E non succede solo con cuore o polmone, ma anche anche con capacità cognitive (libri, banche dati, calcolatrici, mappe, schemi organizzativi, ottimizzazioni, modelli)

Meraviglioso

Siete felici?

Perchè ci guastiamo, perché dobbiamo aggiustare, perché dobbiamo solo inventare soluzioni e non prevenire?

” Il Dao ha dato origine all’uno, l’uno al due, il due al tre, il tre a tutte le cose Daodejing (Laozi)

“In maniera analoga alle concezioni cosmogoniche di altre culture, il venire in essere del mondo passa attraverso la separazione di princìpi opposti e complementari che erano dapprima indistinti. Secondo la Genesi, nel primo giorno della creazione Dio distinse la luce dalle tenebre. L’etimologia dei caratteri di Yin Yang rimanda al concetto di ombra e luce…

CosìYin Yang diventano delle categorie generali che ordinano tutte le coppie di opposti raggruppandole per analogia

Questa scissione non va pertanto intesa come dicotomia: la luce contro l’oscurità, la vita contro la morte, il bene contro il male, come suggerirebbe il manicheismo diffuso soprattutto nelle culture relativamente più vicine al bacino del Mediterraneo; Yin e Yang sono manifestazioni della stessa realtà, si fondano reciprocamente, l’una non può sussistere senza l’altra. La concezione dinamica della realtà vuole che ciò che era Yin diventi Yang e viceversa….

https://www.giuliaboschi.com/materiali/la-radice-e-i-fiori/yin-yang-cielo-anteriore-e-cielo-posteriore/

Esistiamo come soggetti nati da una primitiva idea di umanità

Noi siamo uno
(Salute psicofisica)

E poi ci dividiamo, imparare la matematica, giocare, lavorare, amare e commuoverci e creare, diventano i mille volti e ruoli che assumiamo nella nostra vita, ogni capitolo nettamente separato, ognuno incompleto e alla ricerca di una soddisfazione che si sposta sempre più in la.

La prima dicotomia, origine dei mille aspetti che si sono dispersi nel mondo e non si ritrovano: mente e corpo.

Curo la gastrite senza guardare, senza distinguere se la causa sia una cattiva abitudine, un’ansia o una conflittualità.

Curo uno stato di ansia e depressione cronici cercando appigli nella psiche quando alle volte lo stato fisico alimenta l’incapacità di uscire da uno schema cerebrale.

Le scuole sono separate, le strade evitano accuratamente di incrociarsi.
A meno di scambiarsi i casi senza speranza. Quelli dove non sappiamo.

E i PS con accessi non giustificati
E l’aumento dei casi di persone con problemi psicoemotivi

Forse è ora di scendere dal piedistallo della propria visione privilegiata ed orgogliosa.
E incontrarsi al confine

Quale è il confine?

Io non sono nessuno, ho una formazione medica, ma.
Ma mi permetto di suggerire alcune considerazioni a partire dall’esistente.

Riunire i discorsi e le competenze.

Non ho voglia di dimostrare, usare bibliografie al supporto delle mie tesi.
Citerei solo libri di testo usati nelle lezioni universitarie.
Sappiamo che la pletora di pubblicazioni può essere usata in vari modi, per quanto essenziale nel progresso di ogni campo.
Voglio parlare di cose non discutibili, parlare dell’unica cosa che non è discutibile

Noi stessi.
Questa tanto vituperata soggettività, siamo diventati tutti oggetto scientifico, statistica, omologazione a modelli, fisici e psichici, cosa dobbiamo essere e fare.

Partiamo da noi.

Noi siamo prima cellula che si attacca alla parete uterina, cresce e alla nascita, staccati da ogni riferimento certo, dobbiamo ancorarci a qualsiasi cosa che sia una costante,

qualcosa che ri-conosciamo.

Un suono o una forma che dallo sfondo emerga per la sua riproducibilità, la gravità, i sensi, oggetti che emergano dallo sfondo che innonda i nostri sensori.

Dai sensori cominciamo ad orientarci. Punti cardinali, oriente. Punto fermo.

Senza un punto fermo non ci muoviamo, non abbiamo direzione, non siamo niente.
Passo dopo passo, dalla voce della mamma alla sensazione di piacere con la pancia piena, senza fame, senza il naso chiuso che non ci fa respirare, senza la sensazione di cadere quando sentiamo l’appoggio della schiena su una superficie che non si muove, arriviamo alle certezze apprese sui banchi di scuola, dalle elementari all’università.

Certezze come assi cartesiani, che però mutano a seconda dell’ambiente che ci ha cresciuti.

Posso avere una formazione comune ai miei conoscenti, ma poi io ho studiato medicina e un altro ingegneria o scienze sociali o psicologia e questo già sappiamo divide e cambia inesorabilmente i punti fermi con i quali leggiamo il mondo.
Limita il nostro modo di leggere il mondo.

Salute psicofisica

Torniamo all’inizio della nostra soggettività, all’inizio della formazione del nostro punto di vista e del nostro vocabolario.

Torniamo alla nascita.

La sopravvivenza fisica comprende nutrimento, respiro, sonno, termoregolazione.
E se è in pericolo scatta l’allarme: per attivare la sirena del pianto devo registrare a livello cerebrale una variazione dell’omeostasi e attivare un sistema di risposta complesso che è fisico, ma parte dai centri del sistema nervoso centrale. I sistemi antichi, quelli primordiali.
Ma sono quelli che funzionano fino alla nostra morte, ci assicurano ogni momento le risposte adeguate all’ambiente.

Emozioni come paura, rabbia o preoccupazione non sono forse la registrazione cosciente di una risposta automatica ad una minaccia alla nostra sopravvivenza? E la risposta automatica non riguarda sempre anche una risposta cardiovascolare, ormonale, viscerale (deviazione del sangue dal sistema mesenterico intestinale ai muscoli…) muscoloscheletrica?

Perché ci dimentichiamo sempre del sistema più imponente di cui siamo costituiti, nervoso-muscolo -scheletrico.

Allora la prima constatazione è che le emozioni, la sopravvivenza, il piacere sono anche e primariamente fisici in un continuo e essenziale feed back.

La seconda constatazione è che i muscoli e il sistema cerebrale e gli organi sono così interconnessi a partire da subito, dalla nascita: mancanza di  ossigeno che registro con i sensori cerebrali, rispondo con l’attivazione di muscoli estrinseci che con sforzo immane dilatano la gabbia toracica e fanno entrare l’aria e i primi respiri rivoluzionano il cuore e il circolo sanguigno. (e contemporaneamente collaudo il mio sistema di allarme di base, il pianto sonoro!!!!) Giusto per dire.

Il sistema neurologico e quello muscolare condividono lo stesso funzionamento, il potenziale d’azione che si propaga lungo le fibre e la comunicazione attraverso sostanze neurotrasmettitrici.

I muscoli trasmettono costantemente segnali di aggiustamento al sistema nervoso e i due sono inscindibili, secondo me.

In maniera super-semplicistica stati di paralisi totale degli effettori si possono riscontrare in stati di coma in cui noi dall’esterno non registriamo alcuna reazione, eppure al risveglio i pz ci raccontano che sentivano quello che gli succedeva attorno…

Senza effettori muscolari noi non siamo. Senza sensori noi non siamo, il pensiero nasce da qualcosa da elaborare. Come un computer in cui dobbiamo installare un sistema operativo e poi immettere i dati da elaborare per avere una risposta.

Quanto ci mettiamo per installare il sistema operativo completo?
Mielinizzazione come installazione devinitiva di un sistema operativo stabile.
E gli aggiornamenti? Plasticità neuronale….

Tornando alla nascita, comincia un feed back tra input, elaborazione e risposta che si affinano negli anni per trovare schemi sensati, cioè che abbiano un senso innanzitutto nella certezza della sopravvivenza, nella ripetitività di un modello su cui posso appoggiarmi per andare oltre.

La voce o la presenza della mamma e l’arrivo della sensazione di piacere del cibo e dell’omeostasi interna ristabilita.
Riconosco schemi che diventano certezza di cui non devo più preoccuparmi, li asfalto, li consolido letteralmente, mielinizzando il circuito che si ripete, e non ci penso più.
E passo al prossimo passo evolutivo. Quello che mi porta a diventare adulto.

Psichicamente e fisicamente.

Non possiamo e non dobbiamo studiare i singoli capitoli senza perdere la visione di insieme.

I primi …venti anni della nostra vita sono caratterizzati a capitoli in cui noi asfaltiamo, mielinizziamo circuiti neuronali che sono intimamente connessi alla nostra fisicità e alla nostra necessità di interagire col mondo per la nostra sopravvivenza. Inconscia, automatica, all’inizio, e poi sempre più controllata e controllabile.

Rispondere alle richieste dell’ambiente per ottenere cibo, calore, protezione, certezze, comunicare all’ambiente le mie esigenze in maniera da ottenere risposta.
Sperimentare i mezzi fisici per fare ciò.
Creare circuiti cerebrali per coordinare questo continuo scambio con l’ambiente.

La ripetitività crea certezze, asfalta stade che noi useremo per andare più lontano.

Circuiti logici.

Nel primo anno di vita i danni, a qualsiasi livello di questi circuiti, causano alterazioni negli schemi appresi molto gravi, perché nel primo anno di vita mielinizziamo la percentuale maggiore delle vie neuronali.

Ma finiamo di mielinizzare la corteccia prefrontale dopo i venti anni.

Nel frattempo da minuscoli esserini diventiamo adulti capaci di riprodursi.

Cosa guida questa evoluzione?

Abbiamo detto che il primo passo è l’omeostasi interna e la certezza di poterla mantenere, la possibilità di leggere e comunicare con l’ambiente per mantenere la sopravvivenza base.

Poi il secondo passo è la possibilità di interazione con l’ambiente esterno per modulare i bisogni primari, discernendo ciò che è pericolo da ciò che è utile o piacevole

Affrontare la variabilità discernendo e andando verso o allontanandosi da.

Inizia il giudizio.

La sperimentazione e l’apprendimento basato sulla ripetitività e riproducibilità, ma sopratutto sulla motivazione non cosciente dettata in primis dalla sopravvivenza, dalle emozioni.

Anche le emozioni sono sconosciute, anche quelle da ripetere per creare schemi.

La seconda motivazione all’evoluzione è l’interazione con il mondo a livello più raffinato, la garanzia di ottenere la collaborazione dell’ambiente, la necessità di imparare un vocabolario psicomotorio che ottenga feedback positivi. Dal tenere da solo il biberon a raggiungere …la cucina…

Sopravvivenza sociale che parte dall’autonomia del controllo del mio fisico, del controllo delle mie reazioni automatiche. Come correre senza cadere, trattenere la pipi,
I circuiti di lettura e risposta meno antichi, “sottocorticali” che controllano “dall’alto” le emozioni e i circuiti primordiali di omeostasi. ((come uccidere le neuroscienze in una frase sola…perdonate la semplificazione atroce))
Il cuore batte all’impazzata per la paura o la rabbia ma non posso rispondere con fuga o attacco di fronte ai miei genitori …che mi sgridano. Ho fame ma devo aspettare.

Ma nello stesso tempo matura l’ossificazione, maturano sia le possibilità meccaniche di creare leve che i circuiti di controllo dei muscoli,  Coordinazione (un macello di complessità)

Tenere in mano una penna non prima che le ossa della mano siano pronte.

Ma prima ancora il parlare, la stazione eretta permette la geografia della modulazione del suono, che ai quadrupedi è impedita.

E parlare presuppone ancora coordinazione sia fisica che neuronale, codificazione in entrata e in uscita a livelli di complessità ed interazione di sistemi meravigliosamente complessa.

Mi fermo un attimo per ricordare a medici e psicologi che tutto ciò è fisiologia appresa e forse accantonata: neurologia, neuroscienze fanno parte della nostra formazione di base.

Ma anche esperienza vissuta. Non abbisogna di bibliografia.

Mi fermo un attimo per ricordare che i circuiti psicoemotivi continuano per sempre ad intrecciarsi con l’omeostasi interna, con il feedback neuro muscoloscheletrico, la soravvivenza fisica e sociale e il proprio ruolo nella sopravvivenza della specie.

Partono dalla lettura del mondo esterno che abbia un senso, cioè dall’elaborazione degli input sensoriali (e tutta l’analisi di neuroscienze sottesa) e dall’apprendimento di risposte controllabili, modulabili e sempre più raffinate. Lettura e risposta che devono essere ripetibili, automatizzate, asfaltate in circuiti mielinizzati su cui appoggiarsi come certezze.

Le novità, gli eventi non controllabili o prevedibili scatenano l’attivazione dei sistemi di allarme più antichi e basilari, quelli che leggiamo come paura o piacere, e che ce la fanno “fare sotto”, ci paralizzano, tachicardia, sudorazione, adrenalina o stress da paura cronica, con surrenali che aumentano la pressione sanguigna, la secrezione gastrica e alterano il sistema immune e l’equilibrio cellulare con l’interazione con la tiroide (asse ipotalamo ipofisi nel sistema limbico…)….
L’imprevisto, lo sconosciuto, amico o nemico?

Nei primi anni di vita sono necessarie le protezioni e i confini familiari, non abbiamo gli strumenti per leggere oltre, allarghiamo progressivamente il nostro universo man mano che affiniamo i nostri strumenti. Il microcosmo di certezze su cui appoggiarci. La fiducia che chi ci sta intorno ci dia oltre che il cibo anche gli strumenti per la sopravvivenza sociale.

Cresciamo, ma a gradini. L’universo si allarga.
E poi ci innonda.
Arriva il terremoto.
E la paura, il terrore. E ci dicono di non preoccuparci, e anche di preoccuparci.

Arriva l’adolescenza.

Ricordiamoci allora cosa scatena l’adolescenza, ricordiamocelo bene.

Si attivano le gonadi.
Cosa vuole dire:

-la partenza di questo mutamento è nel sistema limbico (!)(vedi sopra)

-cambia il metabolismo di ogni cellula

-cambiano i neurotrasmettitori, la trasduzione dei segnali e il vocabolario delle risposte interne

-cambia il target della sopravvivenza, altri istinti da controllare a fatica, la riproduzione al posto della fame e sete

-cambia il fisico che fa crescere le ossa, dunque le leve e la coordinazione, anche quella dell’equilibrio bipede…

-cambia tutto fisicamente

-ogni certezza messa in discussione

Ma è normale
Normale un corno

Come faccio a sapere se quello che sento è buono o cattivo

Come faccio a ricostituire un vocabolario di certezze a partire dai miei sensori interni?

Come faccio a dare un nome a tutte le sensazioni nuove?

Si tratta di automatismi del sistema antico, quello che hanno anche i rettili…. Potenti, ci innondano con la loro urgenza di sopravvivenza.

Ok, ci siamo passati tutti.
Ma poi aggiungiamoci un paio di cosette.

L’interazione con l’ambiente cambia perché dobbiamo strutturare le relazioni in vista sia della riproduzione che del nostro ruolo nella società adulta. Evolviamo negli anni dell’adolescenza cambiando amicizie e modi di rapportarci, passando dal gioco di simulazione a tentativi reali di associazioni.

Accettazione ed esclusione, giudizio esterno diventano urgenze di sopravvivenza sociale.

L’esilio nelle tribù antiche portava spesso a malattie mortali (cit…)

Attivazione di reazioni di sopravvivenza, fisiche: paura, rabbia piacere, evitamento, fuga, paralisi ecc

Di nuovo.

E mentre sperimentiamo con i nostri coetanei, dobbiamo anche rispondere alle esigenze di formazione meramente intellettuale (???e il giudizio sulle nostre capacità coinvolge l’intelletto o la sopravvivenza sociale?) e ci viene chiesto di rispondere ad aspettative del mondo adulto in anticipo sul nostro futuro.

Dalle perfomance sportive alla scelta della scuola superiore, dalla presa in carico di compiti e responsabilità basati su modelli standardizzati di crescita che non tengono conto della variabilità enorme in proporzione ai troppi piani paralleli di maturazione, alla maggiore capacità di lettura del contesto allargato della società e dei suoi problemi.

Allora in questo mondo che accellera i mutamenti e le incognite, amplificate dai sistemi di comunicazione a palla, la crescita fisica, quella sociale e intellettuale che non hanno più certezze, a me sembra molto facile l’idea di poter perdere l’equilibrio, la paura di non avere un appoggio stabile su cui fare presa. Per riposare o da cui partire.

Nel terremoto si attiva la paura. E ci dicono di non averne, e ci dicono di averne, che se non ti adegui non sopravvivi.

E la famiglia, certezza delle certezze, non ti riconosce più come tu non ti riconosci più.
Un adolescente è un estraneo in casa che pretendi di ricondurre alla persona che era da bambino.
Che vorresti ancora semplice e controllabile, ma contemporaneamente capace di prendersi in carico.

Casino totale.

La mia proposta è di per se semplice.

Ripartire dalla base, quella primaria, l’unica che parte dalle fondamenta, il fisico che supporta il gradino solido da cui ripartire.

La base dell’omeostasi metabolica e scheltrica mantenuta sicura, che disattiva le emozioni
Perchè le emozioni accecano, prevalgono, difficili da controllare, stravolgono il fisico minacciato.

Ripristinare l’equilibrio, l’omeostasi.

Non solo metabolica ma osteoscheletrica, che è anche neuro-osteo-scheletrica.

Provate a camminare sul ghiaccio e fare di conto.

In qualsiasi età (basta pensare a quell’altra pazzesca rivoluzione che è la menopausa) ripartire dalle sicurezze ci permette un maggiore controllo delle nostre risposte e scelte, una maggiore lucidità.

Come faccio a considerare un approccio cognitivo ai miei problemi se il mio cervello è innondato da segnali di sopravvivenza? Giusto per fare un esempio.

E se ho paura, più o meno conscia, che diventa la normalità della minaccia a scuola o nel mio gruppo, allora le surrenali mandano in tilt il mio sistema digerente che supporta la mia crescita fisica. Cefalea e digestione alterata e tensione muscolare e cattivo rendimento scolastico e ulteriore paura.

Il feedback della sicurezza è quello della riproducibilità, della revisione del vocabolario dei nostri sensori per riconoscere nel contesto di un mondo sconosciuto quello che ha senso e dargli un nome.

Partendo dal fisico.

L’equilibrio posturale, le sensazioni nuove, il ciclo mestruale, la risposta di attrazione sessuale…

Dargli un nome, riconoscerle.

Ma anche occhi nuovi, standard nuovi.

In fondo è un mio pensiero da sempre e sicuramente qualcuno lo avrà già constatato, l’arte non è forse un cercare di uniformare i sensori di una società verso degli standard di lettura comuni, in cui riconoscersi ?

Allora ha senso il laboratorio di fotografia, musica, teatro ecc.

Testare e rendere stabili i meccanismi di lettura. Certezze da cui ripartire.

Dare un nome, distinguere nello sfondo incerto la scossa di terremoto dalla vibrazione dell’auto che ti porta in salvo.

Partire dal fisico

E la mia storia personale parte dallo judo che ti da per prima la sicurezza che puoi cadere senza farti male, e dallo yoga che ti dice che puoi stare comodo in qualsiasi posizione

Passando per Lowen che riconosce di fatto che il corpo immagazzina e si interrelaziona con la nostra storia anche nell’età adulta e che alle volte sbloccare meccanismi muscoloscheletrici permette di sbloccare meccanismi psichici, e che bisogna trovare radici (grounding)

E lo studio della medicina come totale meraviglia, integrazione di funzioni e adattamento raffinato a condizioni anche estreme, sinergie brillanti ed efficienti, integrazione di sistemi in cui il sistema nervoso centrale è fondamentale e da cui partono e arrivano segnali ormonali, circolatori, respiratori, muscolari,….

E poi la medicina cinese classica che non ha mai creato dicotomie corpo-mente e che individua i compiti evolutivi fisici e psichici sempre insieme, a partire da una logica che è strepitosamente rispecchiata nelle neuroscienze e nello studio della crescita a partire dall’embriologia.

Per passare dal dottor Mario Castagnini che ha affinato un metodo che si basa sulla conquista ripetuta di circuiti neuronali prima che questi mielinizzano in schemi disfunzionali, nella certezza che il primo anno di vita l’intreccio della crescita neurologica, emozionale affettiva e fisica è più stretto che mai. Creare certezze su cui basare l’intera vita.

E poi un ultimo ragionamento: mentre nei bambini fino ad una certa età non si può pretendere la maturazione di un controllo cosciente completo, nell’adolescente oramai i sistemi si sono evoluti per poter chiedere loro la ricerca di una motivazione sufficiente per una collaborazione biunivoca nel ricercare punti di appoggio soggettivi stabili.

Anche fisici.
(ovvero di sensori e di vocabolario)

Perché se mi inceppo su di un punto, inciampo su un sasso, poi basta un attimo per recuperare, un unico punto a cui appoggiarsi.

Per creare un sistema stabile, per correggere un feedback alterato in uno solo dei suoi passaggi, hai bisogno della sicurezza della riproducibilità, della ripetizione. La prescrizione per il trattamento dei ‘meridiani distinti’ è  di tre volte alla settimana per tre mesi e traducendo, si parla del trattamento delle catene neuromuscolari delle grandi articolazioni che sono alla base della postura e dell’equilibrio a cascata col sistema autonomico, immunitario ecc, questa è medicina cinese in cui la metafora dei tempi di trattamento lunghi richiama però anche la scoperta dei tempi minimi di stabilizzazione di nuovi circuiti cerebrali e poi sicuramente hai bisogno della collaborazione di più fattori che ti garantiscano la tranquillità di una transizione così delicata nei tuoi sistemi di equilibrio

Per non precipitare.

Proposta concreta, progetto.

La medicina cinese come traduzione pratica delle neuroscienze evolutive, del ritrovato dialogo psicofisico.

Cioè trovare movimenti, attivare zone che nell’agopuntura rappresentano zone riflesse che richiamano circuiti neuronali neuro psicofisici. Collaudati nei millenni. Ad esmpio la sicurezza posturale di base e il sistema simpatico rimodulati nella relazione dell’allineamento tra bacino torace e cranio (colonna).

Proporre un analisi anche ludica del movimento e della coordinazione che tenga conto del ripristino di sicurezze posturali complesse, a partire da quelle apprese nell’infanzia.

Coordinare laboratori artistici con il filo conduttore di una narrazione che dia senso bio-logico ai cambiamenti e alle incognite che invadono ad ondate un adolescente a cui viene richiesta un’omologazione che può non riuscire a a raggiungere in quel momento anche per motivi fisici

Dare senso alle somatizzazioni fisiche nella crescita psichica e alle reazioni psichiche nella minaccia alla sopravvivenza sociale o nella paura dei nuovi equilibri fisici, ecc

Creare o usare narrazioni che suggeriscano vocabolari a cui attingere nei momenti di terremoto interno ed esterno, nella logica di integrare gli aspetti fino ad ora considerati separatamente

Creare il principio di un dialogo tra ambiti settoriali fino ad ora blindati o poco comunicanti, superando i confini della sicurezza del nostro vocabolario conquistato e metterci letteralmente nei panni degli adolescenti che sono in costante squilibrio nelle loro certezze di base.

Creazione di nuovi modelli di comunicazione tra ambiti.

Consapevolezza di nuove letture dei modelli terapeutici usati

Non creare nuove cose, leggerle diversamente.

Il soggettivo

Un conto è capire razionalmente

o avere empatia o immaginare

un conto è vivere o rivivere l’esperienza narrata dall’interlocutore.

Spesso rimuoviamo il ricordo della nostra adolescenza, troppi i fronti da gestire, la coscienza di volta in volta ne poteva prendere in considerazione uno, gli altri sottesi, inconsci

o gli altri in funzione di quello che la coscienza o l’esigenza metteva in primo piano

Spesso le nostre sicurezze sono così necessarie da non poter cambiare base di appoggio, pena la caduta o il suo rischio imminente. Oppure dobbiamo rimanere stabili perché a noi si appoggiano persone che stanno precipitando.

Possiamo allora giocare, come guardiamo un film o leggiamo una storia, possiamo giocare con le sensazioni fisiche e in queste ritrovare il dialogo con quello spazio incerto tra un passo e l’altro, tra la stabilità e la crescita, il rischio e la paura.

La mia proposta è quella di proporre agli educatori e agli addetti ai lavori, di ogni genere, una lettura diversa accanto alla loro, per offrire maggiori possibilità di comprensione all’infinita varietà soggettive di questi meravigliosi esseri in divenire che siamo e che sono i nostri ragazzi e i loro genitori.

Si possono trovare espedienti materiali di ogni genere, dalla lotta allo yoga, ma ci si può tranquillamente appoggiare all’esistente, discipline di ogni genere che nei decenni e nei secoli hanno trovato forma, dandogli una diversa profondità

Jeffrey Yuen fa notare che il mezzo può essere lo stesso, ma quello che cambia radicalmente il risultato è lo stato di consapevolezza di chi lo usa e che condiziona lo stato di consapevolezza delle persone a cui è indirizzato il messaggio. Parafrasando.

E io aggiungo che di questi tempi i nostri ragazzi restano con i piedi appoggiati sulla terra che trema insieme alle loro gambe, ma noi dovremmo porgergli una piuma a cui aggrapparsi per poter cominciare a volare.

La mia proposta è dunque essere promotore di un nuovo vocabolario e una nuova consapevolezza tra chi si dedica alla salute psicofisica dei ragazzi, sulla base di fondate neuroscienze

E avviare laboratori dove si lavora sul corpo, accompagnati da chi può insegnargli un vocabolario sicuro e dove saranno loro a scegliere la storia che più traduce quello a cui loro stessi non sanno dare un nome,

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Comincio oggi a scrivere della mia esperienza, delle mie piccole e grandi scoperte, delle mie riflessioni.
Delle mie domande e dei miei dubbi.

Non credo nelle certezze assolute, mi spaventano.
Non esistono nella fisica.
Perchè mai nella biologia o nella medicina???
Infatti la medicina un tempo si definiva “arte”.

Sono un essere umano ancor prima di un medico. E come tale sono meravigliosamente complesso, integrazione di mille variabili, di mille aspetti unici.
Ogni giorno scopro nuovi aspetti da considerare, nuove riflessioni, mediche ed umane.

Provo a condividere, sperando di non essere tediosa.